RiEvoluzione Poetica

domenica 4 novembre 2018

IL BUIO DELLA SPECIE


di Marco Cinque

Qualche dispettosa e incauta mano o magari chissà quale misterioso Dio frustrato e vendicativo hanno manomesso le lancette dell’umana evoluzione, così le nostre meravigliose macchine cerebrali stanno ora viaggiando in rapida retromarcia.
L’essere umano sta tornando sempre più disumano e tutte le conquiste evolutive che ci distinguevano dai peggiori istinti della bestia, sembrano prendere irrimediabilmente il predominio su masse di individui che si riconoscono sempre più nei mostri che, come un cancro  senza cura, stanno prendendo le redini del mondo: Trump, Bolsonaro, Orbàn, Salvini, Al Sisi, Salman, Kim Jong-un, Netanyahu e tutto il resto della feccia reazionaria, fascista e razzista del pianeta, non sono altro che il ritratto disgustoso ma fedele di un’umanità sempre più bisognosa di dare sfogo ai propri peggiori e truculenti istinti.
Ciascuna nazione della Terra sta ormai dirigendosi verso il precipizio globale, ma ogni singolo popolo, dentro quest’immane suicidio degno di megalomani idioti, sembra piuttosto vederci chissà quali vittorie e conquiste, dove il sangue di ogni nemico, di ogni diverso, di ogni “altro”, diventa la nuova primordiale necessità per alimentare la propria supposta evoluzione.
Persino le parole, in questo brutale declino, stanno smettendo di essere strumenti di comprensione, conoscenza, relazione e crescita, per trasformarsi in armi di offesa e prevaricazione sempre più grezze e triviali. Il ragionamento e il buonsenso sono via via banditi da ogni vocabolario: qui lo spirito critico e la coerenza  non sono ammessi e non si provano emozioni al di fuori di quelle che riguardano l’affermazione del proprio egoismo; ma è un’affermazione miserabile e illusoria, perché in questo meccanismo kamikaze nulla sopravvive, nemmeno i fedeli soldati che tanto stupidamente lo difendono.
Torniamo pure, nella nostra piccola e provinciale dimensione, a discutere e a dibatterci tra Berlusconi e Renzi, tra Di Maio e Salvini, cartine da tornasole della nostra pochezza, tragici pagliacci che sono solo un rito di passaggio verso la devastante barbarie che si sta consumando.
Troppo pochi, troppo divisi e troppo distratti sono coloro che vorrebbero altro o a cui forse basterebbe semplicemente dire “basta”. Immobilizzati e ammutoliti da un frustrante senso d’impotenza, siamo solo all’inizio del gigantesco vortice di una cecità planetaria, prigionieri di un viaggio di sola andata verso l’epicentro del buio della specie, dove nessuno potrà nemmeno dire: “io non sapevo, io non credevo”.

PS
Per ciò che mi riguarda, non si tratta di una rinuncia alla lotta o di una resa all’ineluttabile deriva (continuerò a battermi per diritti e ideali mai tramontati, fino all’ultimo respiro), ma solo l’ammissione di un fallimento, una presa d’atto di ciò che non si può fingere di non vedere e perfino la cruda consapevolezza che sarebbe meno doloroso morire inconsapevoli.