RiEvoluzione Poetica

martedì 12 giugno 2012


PAROLA NUDA è parola che si fa poesia. Una parola che non evoca, che non teme di esporsi, che non teme di mostrare al lettore la sua più intima natura, ma che si mette deliberatamente a nudo, poiché non ha nulla da temere e tutto da rivelarci.
Le poesie di Marco Cinque hanno la stessa devastante potenza di un’“Origine del mondo” di Courbet e la stessa sinuosa bellezza di un nudo di Modigliani: si presentano a noi come il suo autore (mai artefice!) le ha generate, in tutta la loro candida essenza, ma esse recano pur sempre brandelli del loro autentico travaglio, il “sangue” del loro stesso parto. È così che si incarnano nel testo: pure, dure, vibranti. La loro presenza si fa vagito che echeggia tra le pagine. Esse esprimono a chiare lettere il candore dello sguardo del poeta alla caparbia ricerca del verbo, alla ricerca di un corpo sonoro che le faccia vocalizzare. Poiché in fondo, queste parole non si nascondono, ma devono essere profferite, devono rivelarsi al lettore dispiegando altrettanto nude verità, presentandoci una realtà ineluttabile e vera che non può essere rifuggita. Una realtà che ci offre l’instancabile impegno dell’autore a comunicare il suo sentito messaggio, le sue inesorabili e condivisibili verità.
Vi è in fondo, nella poesia di Marco Cinque, proprio tutta l’urgenza di svelare il suo più profondo pensiero, l’urgenza di nascere nella nostra mente, di scorrere nelle nostre vene, di farci palpitare l’animo, di innestarsi nel nostro cuore per deflagrarvi con tutta forza il suo messaggio.
La sua è una parola essenziale, ma tagliente. È una parola pura, ma che lascia un segno. È una parola lieve, ma che erompe con la forza del suo impegno, senza orpelli o accessori, rivestita solo di se stessa. È così che ci incanta, è così che emana tutta la prorompente forza del suo messaggio e la nuda bellezza che la permea.

Alessandra Bava

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