RiEvoluzione Poetica

lunedì 18 marzo 2024

CARTA STRAPPATA

 

 Marco Cinque

Sembra che ormai libri e giornali si leggano sempre meno e sempre peggio, vittime sacrificali della deriva culturale in cui versa il nostro Paese. Un Paese che taglia regolarmente risorse alla scuola, che non tutela realtà come biblioteche e librerie, che propone modelli culturali a dir poco discutibili e che ha ridotto i canali d’informazione ad armi di propaganda e/o distrazione di massa.

Negli ultimi anni circa 3.000 edicole di giornali hanno abbassato le saracinesche, mentre hanno chiuso i battenti più di 2.300 librerie, nonché innumerevoli luoghi di divulgazione culturale. Chi vive con la scrittura e chi si occupa di tradurla in carta stampata sta precipitando a grandi falcate verso un inedito declino; ma non si tratta solo di declino riconducibile a una questione meramente numerica, anche la qualità di ciò che ancora sopravvive risente di una crisi che è ben più seria e profonda di quella che si nota in superficie.

Sia giornalismo che letteratura si riflettono infatti in un buco nero inquietante, specchio di questi tempi disumani e di pari passo ad una editoria rapace, concentrata per lo più sui residui profitti e sulle poche briciole ancora da spartirsi. Quelli più seri, che siano scrittori, giornalisti, poeti, editori o librai, non se la passano affatto bene e vengono inesorabilmente risucchiati dentro una deriva implosiva.

Chi fa buon giornalismo è sempre più ignorato, quando gli va bene, oppure resta vittima, non solo metaforica, delle notizie scomode che si è coraggiosamente o incoscientemente permesso di divulgare: la vicenda emblematica di Julian Assange e il macabro record di giornalisti morti ammazzati nel mattatoio di Gaza, sono indice di un'infezione cancerosa che sta oltrepassando l'apice peggiore di qualunque altra epoca storica ci piaccia ricordare, con buona pace di una verità ridotta in brandelli.

Letteratura e poesia sono invece paradossalmente preda di una crescita bulimica che le ha gonfiate a dismisura, ma solo di tessuto adiposo: tutti scrivono e pubblicano libri, ma nessuno li legge e men che mai li acquista. Nuovi eserciti di scrittori emergenti e novelli poeti sono colti da una crisi di grafomania acuta e marciano uniti, ciascuno verso il proprio anonimato, nella speranza di diventare famosi o almeno di qualcuno che li legga e ne scopra le doti. Se soltanto scrittori e poeti avessero davvero a cuore quella parola moribonda che chiamano "cultura", di certo le librerie non sarebbero costrette a chiudere, ma tant'è.

Non bastasse, in questa deriva s’inserisce anche il florido mercato dei premi e dei concorsi letterari a pagamento, con quote d’iscrizione che variano dai quindici ai cinquanta euro. Si va da quelli legati ai club privati Kiwanis, Rotary e Lions a quelli piccoli e grandi, quelli nuovi e vecchi, quelli noti e meno noti, sparsi per tutto il territorio nazionale. Ma più che un’apprezzabile realtà culturale il fenomeno potrebbe essere definito un business che raccoglie le ambizioni di autori e autrici che aspirano al massimo a ottenere pergamene di partecipazione, attestati, coppe e targhe prodotte in quantità industriale, da incorniciare e ostentare nei salotti oppure da mostrare con orgoglio sulle proprie pagine social. Dall’altra parte c’è poi il business dei grandi premi, quelli seguiti da TV e giornali, quelli che, quasi sempre, incoronano nomi che pubblicano con gli editori più ricchi e importanti della filiera.

In questo strano fenomeno di pseudo-cultura un tanto al chilo, s’inseriscono anche i festival e gli eventi culturali, dai più famosi e celebrati a quelli meno noti, per finire a quelli praticamente sconosciuti. Sembra che ormai ogni città, ogni paese, ogni minuscolo borgo, borgata, quartiere e contrada abbia il suo festival culturale da promuovere, dove scrittori, poeti e giornalisti si alternano sui palcoscenici, leggendo versi, intervistandosi tra loro o presentando libri.

Anche molti editori, soprattutto quelli della domenica e quelli a pagamento, si sono adeguati al mercatino dei concorsi e festival d’ogni sorta, organizzando o semplicemente aderendo alle migliaia di manifestazioni che rappresentano un humus fertile su cui prosperare. I prezzi di copertina dei libri sono spesso proibitivi per la bassa qualità di ciò che è offerto e molti ingenui autori si consegnano spontaneamente nelle mani di venditori di pentole riciclatisi in vannamarchi dell’editoria, i quali promettono mari e monti agli incauti scrittori, salvo poi far pagar loro, a caro prezzo, i costi della pubblicazione. Nelle home page di molti di questi editori, se si vanno a scorrere i nomi di chi vi pubblica, al di là di qualche reperto archeologico riciclato tra quelli studiati a fatica sui banchi di scuola, troviamo foltissime schiere di perfetti sconosciuti, titoli raccapriccianti e contenuti forieri di una retorica stantia. Insomma, più che odore di cultura vi si coglie un certo sentore di muffa.

Il non plus ultra delle pubblicazioni inutili si materializza però in quei contenitori di nulla che sono le antologie poetiche: vere e proprie insalatone miste, a tema libero quando va bene, oppure dedicate alla mamma, al papà, alla nonna, all’amore, all’amicizia e ad altre stereotipate amenità. Naturalmente il trucco qui sta nel far prenotare a ciascuno degli autori e delle autrici un certo numero di copie, spesso a prezzo pieno, in modo che risulti assicurato un discreto profitto per il furbissimo editore pataccaro di turno. Ciò non significa che non esistano editori seri (a prescindere dalla notorietà), autori di qualità (a prescindere dai giudizi soggettivi della critica) e iniziative pubbliche apprezzabili (a prescindere dalla generosità degli sponsor) a tenere vivo il livello culturale, ma ultimamente si confondono o si perdono nella mastodontica offerta di una cultura di plastica, pensata e realizzata solo per essere consumata e poi dimenticata.

In questo variegato panorama dell’editoria, si inserisce con prepotenza anche il ricorso alle auto pubblicazioni, dove il colosso Amazon ricopre un ruolo economico e divulgativo determinante. Basti pensare alla recente auto-pubblicazione sulla piattaforma Kindle Direct di un libro spazzatura, sia per i contenuti che per la qualità letteraria, balzato clamorosamente in testa alle classifiche delle vendite. La cosa emblematicha è che il volume non è opera di uno scrittore, un poeta, un filosofo o un giornalista, ma di un generale dell’esercito che ha puntato più sull’ignoranza che sulla cultura del suo pubblico.

Anche se prevedibilmente il web prenderà posto della carta stampata, non si illudano gli alberi, comunque anche la loro sorte è segnata da deforestatori ben più feroci e con molti meno scrupoli dei vecchi consumatori fuorimoda di libri e giornali. Solo ai sogni e ai miraggi sarà concessa l'immagine di una lettrice o un lettore che ancora sfogliano pagine di carta, con la schiena poggiata al tronco di un albero e le fronde a fargli ombra. 

 

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